Analisi di tre opere


Maria Lai, "Legarsi alla montagna"

L’opera scelta è un esempio di azione ambientale partecipata realizzata nella città di Ulassai l’8 settembre del 1981. L’installazione lega le case del paese alla montagna, tramite l’utilizzo di tredici tele di jeans azzurro tagliate e ricucite assieme a formare un lungo nastro di circa 27 km. La popolazione inizialmente contraria all’iniziativa, interagì con la stessa; sono stati infatti realizzati dei nodi laddove esisteva tra le famiglie un rapporto di amicizia, l’assenza di questi invece rappresentava l’inimicizia e l’inserimento di un pane, amore. L’intento dell’artista è quello di rappresentare materialmente le relazioni tra gli individui che compongono la comunità e il legame della stessa con il territorio, tra uomo e paesaggio.

CONFINE


Soffermandoci a riflettere sul senso dell’opera, siamo finiti a domandarci quanto questo nastro, questi legami sia interpersonali che con il luogo da dove veniamo, dove viviamo, spesse volte rappresentino per noi un confine, un limite, oltre che un collegamento, un legame, un potenziale. Se da una parte il nastro è sicurezza, dall’altra può essere gabbia ed è inevitabile sia il tentativo di volerlo oltrepassare che quello di voler continuare a srotolarlo.





Maria Lai, "Le parole imprigionate"



L’opera si inserisce all’interno della serie “libri cuciti” nei quali l’artista utilizza un filo come allusione dell’inchiostro che tesse su pagine sia di carta che di stoffa. Il filo diventa un simbolo di dialogo, di narrazione, di memoria e del passaggio dell’oralità alla scrittura.  Il libro sembra incompiuto, dalle pagine cadono grandi grovigli di filo interpretabili come grovigli di pensieri che sembrano voler uscire fuori dall’opera stessa.

LIMITE



Il libro cucito contiene una memoria collettiva fatta di tessiture, montagne sarde e vita di persone, il linguaggio di comunicazione ci risulta sconosciuto: come solo un cieco è in grado di leggere un alfabeto Braille, parallelamente solo una tessitrice di Ulassai è in grado di comprendere ciò che l’opera ha da dire. La storia che esso contiene ci risulta quindi sconosciuta oltre che inconoscibile, ma la sua presenza e forza ci arriva chiara e diretta e ci colpisce in profondità, accompagnata dalla frustrazione di non poter avere accesso a questa incredibile miniera di informazione.





Gordon Matta-Clark, "Conical intersect"

L’opera scelta fa parte dei “building cuts” in cui l’artista realizza tagli di facciate e pavimenti di edifici abbandonati destinati alla demolizione. Nel caso in esame il taglio segue il profilo tridimensionale di un cono orientato a 45° rispetto alla strada sottostante. L’artista con queste operazioni vuole creare un rapporto diretto con il mondo esterno andando a negare l’idea di immobilità spesso associata ad un edificio. La sua attività ha certamente un esplicito valore di critica sociale ed estetica alla città contemporanea e alla speculazione edilizia, nella sostituzione di un edificio antico con uno nuovo l’artista è in grado di leggere non solo la perdita di un volume edilizio ma di un unico pezzo di storia.

MACERIE


La riflessione dell’autore risulta estremamente attuale; ancora oggi spesso edifici abbandonati vengono brutalmente abbattuti e sostituiti da costruzioni motivate esclusivamente da interessi economici. In questo modo la stratificazione di una città non viene rispettata, ciò che viene cancellato infatti non potrà mai essere replicato dall’esperienza speculativa. La gentrificazione avanza.
L. Marchi, L. Migliaccio, E. Viola

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